Premessa

PREMESSA

Benvenuti su “Mr. Nelson”, il blog che prova a raccontarvi Prince: le sue manie (molte), le sue idiosincrasie (moltissime), la sua persona, in particolare (un vero rompicapo). 

Lo fa attraverso l’analisi delle sue interviste, partendo da quelle rilasciate alla fine degli anni Settanta, per arrivare a quelle del primo decennio del Duemila.

Prince ha avuto sempre e fin da subito un rapporto complicato con la stampa, con i giornalisti. Essendo una persona davvero shy, timida ( e lo era ad un livello davvero difficile da immaginare, per chiunque, se si pensa al livello di esposizione mediatica al quale è stato sottoposto nel corso della sua carriera, praticamente fin dagli esordi), egli ha avuto – nel tempo, nel corso dei decenni – due reazioni di base, rispetto a questo problema.

Ha provato ad evitare ogni tipo di relazione con stampa e giornalisti. Si trattava di una eccellente soluzione, almeno dal suo punto di vista, ma, essendo diventato presto una rock-star conosciuta a livello mondiale, aveva di fronte a sé degli obblighi ineludibili, quali la promozione dei dischi, dei tour e dei film, tutte cose che implicavano contatti, seppure minimi con i media.

Allora ha pensato ad una ulteriore soluzione: regolamentare in modo minuzioso ogni contatto con i giornalisti, in particolare con la sottocategoria dei critici musicali, per molto tempo temuti ed odiati da lui.

Tante cautele, però, si rivelavano spesso inefficaci, soprattutto perché esse tentavano di evitare che si svelasse un fatto piuttosto evidente agli occhi di tutti, sebbene paradossale: il re (o, meglio: Prince) era del tutto nudo. Si sentiva, cioè, del tutto inerme; sempre in preda al timore di risultare ridicolo o inadeguato. Di non essere all’altezza della sua fama, del suo talento. 

Sembra impossibile da credere, ma Prince, l’uomo che sul palco si scatenava, era seduttivo, ammaliava tutti quelli che pagavano un biglietto per ascoltarlo, uomini o donne che fossero, quando si trovava davanti ad un giornalista o, peggio, in una conferenza stampa, temeva di dire la cosa sbagliata, di rendersi ridicolo.

Sapere questo permette di comprendere meglio la serie di divieti che imporrà ai giornalisti da un certo momento in poi (più o meno a metà degli anni Ottanta): divieto di registrare la sua voce, di fare riprese video. Per alcuni anni, divieto di prendere appunti di ciò che diceva, di avere con sé penne o matite. Alcuni affermano che per un po’ di tempo ci sia stato persino il divieto di porre domande.

(L’imperativo di una delle sue canzoni: don’t be shy!, non valeva per lui, timido fino all’inverosimile, fino alla ritrosia, passando per la maleducazione e la misantropia, tutte in fila)

Le fonti su cui poggiano le mie narrazioni, gli aneddoti che racconto, sono quotidiani, periodici, trasmissioni televisive, che, di volta in volta verranno citate. In alcuni casi le storie arrivano dal sito princevault.com, una miniera inesauribile di notizie, aneddoti, informazioni preziosissime per chi scrive. Una guida di base è stata costituita anche dalla autobiografia che Prince aveva iniziato a scrivere con Dan Piepenbring poco prima di morire e che è stata parzialmente pubblicata e poi il libro “Purple Life”, pubblicato da Ben Greenman, che aiuta a capire molti passaggi importanti della carriera di Prince.

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